Einstein diceva: “Se non lo sai spiegare in modo semplice, non l’hai capito abbastanza bene”.
È passato molto tempo da allora eppure ancora oggi abbiamo bisogno di semplificare il nostro linguaggio per comunicare al meglio coi nostri interlocutori: clienti, colleghi, responsabili, ma anche partner, figli, genitori anziani, ed altri ancora.
Ci siamo ormai lasciati alle spalle quel lungo periodo in cui parlare in maniera difficile e quasi incomprensibile, soprattutto in certi ambiti lavorativi (bancario, assicurativo ad esempio), faceva di quella persona un professionista esperto, autorevole e affidabile.
Col tempo, questo è diventato sinonimo di distanza dalle persone e altrettanto distante l’efficacia di quel tipo di comunicazione.
Semplificare la Comunicazione: di cosa si tratta?
È una fase davvero già superata per tutti?
No. Il tema della semplificazione del linguaggio è ancora “caldo” e attuale in alcuni contesti lavorativi e sono diverse le organizzazioni che stanno creando e promuovendo nuovi modelli comunicativi.
Come? In alcuni casi formando le persone, responsabili delle comunicazioni (verso i clienti ad esempio), ad usare modelli di linguaggio ben precisi come, ad esempio, il Livello B1 della lingua specifica in cui si parla. Il livello B1 di una lingua è il livello soglia, cioè quella linguistica che può essere compresa dal maggior numero di persone possibili.

Si tratta di tecnicismi sicuramente utili e strategici per il raggiungimento di certi obiettivi di efficacia della comunicazione.
Semplificare il linguaggio però necessita di qualcos’altro ancora, che vada oltre l’efficacia della comunicazione. Di questo ho avuto il piacere e l’onore di parlarne come speaker ad un evento aziendale di un importante gruppo assicurativo.
Ho voluto parlare di semplificare la comunicazione utilizzando la metafora del viaggio.
Semplificare la comunicazione, un viaggio nelle relazioni
Ebbene sì, modificare un certo tipo di linguaggio è a tutti gli effetti un cambiamento e come tale, per essere interiorizzato, deve essere accompagnato nella sua comprensione e accettazione.
Per questo, come ogni viaggio che si rispetti, esso dovrà partire dalla motiv-azione: perché decido di partire? Perché decido di modificare e semplificare il mio linguaggio nel momento in cui scrivo o parlo ad un cliente, un fornitore, un collega, ecc.?
Le risposte più attese:
- Per farmi capire meglio
- Per essere più chiaro/chiara col cliente
- Per lavorare meglio coi colleghi
- Per evitare fraintendimenti
- Per evitare conflitti
E così via.
La mia proposta è:
“Semplifico il mio linguaggio per ARRIVARE alle persone”
“Arrivare” significa andare oltre le conoscenze tecniche. Significa intraprendere un viaggio che passi dal COMUNICARE all’INTERAGIRE, al RAPPORT-ARSI.

Il “rapport” è il cuore di ogni comunicazione efficace. Creare rapport con le persone significa sintonizzarsi sul loro livello di conoscenza e comprensione di un certo tema.
Tutti noi possiamo mettere alla prova la nostra capacità di creare rapport con un esercizio apparentemente molto semplice ed è stato l’esercizio che ho fatto fare ai professionisti che erano presenti all’evento aziendale di cui parlavo poche righe fa.
L’esercizio consiste nel rispondere alla domanda di una bambina o di un bambino di 4 anni che ti chiede: “Che lavoro fai?”.
Parlare da adulti ai bambini ci obbliga in un certo senso a trovare le parole adatte, il tono giusto, la prossemica ideale per farci comprendere. In altre parole, ci mettiamo allo stesso livello di quella bambina o di quel bambino che è in nostro ascolto.
Ciò che crea rapport consiste proprio nella differenza tra “voler comunicare” o “volere interagire”.
La fasi per semplificare la comunicazione
Comunicare
Comunicare è qualcosa che facciamo tutti i giorni; non possiamo farne a meno. Al lavoro coi colleghi, i clienti; a casa con i nostri cari.
Quando comunichiamo cerchiamo di mettere in comune un messaggio. Usiamo diversi canali (verbale, paraverbale e non verbale) e diverse modalità comunicative (voce, scritto, telefono, ecc). L’aspetto della linguistica è fondamentale, ma è una singola parte della comunicazione efficace. Possiamo pensare a cosa dire, cosa non dire, quando dire, ecc. Ma se vogliamo arrivare alle persone dobbiamo interagire con loro, non solo comunicare con loro.
Interagire
Interagire significa agire reciprocamente cioè reagire allo stimolo dell’altro/a. Significa provocare un’azione nell’altro/a.
Ad esempio, quando scrivi una mail al cliente, cosa ti aspetti?
Che la legga? Che risponda? Che richiami? Che si incuriosisca? Che compri un prodotto? O altro ancora?
Interagire è questione di responsabilità. Per interagire, oltre che comunicare, c’è un passaggio molto importante da fare che è rispettare e guidare le persone. Accompagnarle a capire per poi agire.
Non è Manipolazione
Niente di tutto questo vuole avere carattere manipolativo. Nell’interazione c’è un reciproco vantaggio. Di solito parliamo di “convincere l’altro/a” come un aspetto manipolativo e negativo; invece, con-vincere sta per “vincere insieme”, “vincere con”.
Per fare questo dobbiamo fare lo sforzo di immaginare come l’altro apprende come l’altro capisce: questa è una delle più grandi forme di rispetto nella comunicazione. Ricordiamo sempre che per essere efficaci in una comunicazione dobbiamo dare importanza al nostro interlocutore.
Semplificare la comunicazione nella pratica
Immaginate l’altro chiedersi, davanti ad una vostra comunicazione:
“Che cosa mi interessa di quello che sta dicendo/scrivendo?”
“Che cosa c’è di utile per me in questa informazione?”
“Che cosa devo fare quindi?”.
La nostra comunicazione deve soddisfare la parte di “cervello egoista” del nostro interlocutore.
Non dobbiamo pensare che sarà il cliente, o il nostro interlocutore in generale, a doversi chiedere “Come posso capire meglio quella comunicazione?”, ma dobbiamo essere noi a rispettare e ad accompagnare gli altri a capire e a far vedere i vantaggi di quella comprensione. Dobbiamo imparare a tradurre i nostri messaggi in riferimento ai meccanismi di comprensione dell’altro, andando a creare un “effetto post it” nella sua mente; una “modalità collante” nel suo sistema di apprendimento.
Il viaggio nella semplificazione del linguaggio prosegue attraverso esperienze, tentativi, successi e insegnamenti.
In ogni modo, se avrai occasione di intraprendere questo viaggio, impara che:
1. Crescendo dobbiamo conservare un po’ del nostro essere bambini: di quando ancora non conoscevamo, di quando ci sorprendevamo delle cose, di quando ci chiedevamo mille “perché”; da adulti perdiamo un po’ l’abitudine a questa bella parola: “Perché?”.
Nella mia esperienza, non solo di professionista e coach, ma anche di mamma, mi sono trovata a dover rispondere a domande come “Mamma che cos’è la pace?” oppure “Mamma perché la luna non cade dal cielo? Vi assicuro che la semplificazione del linguaggio è un viaggio che ho dovuto fare.
2. Con i clienti, dobbiamo ricordarci di noi, quando alle prime armi non eravamo così esperti di certi temi. Accompagniamo i nostri clienti come se accompagnassimo “noi” di qualche anno fa, prima di fare il lavoro in cui oggi ci sentiamo esperti e competenti.
3. Pensiamo all’esperienza di un viaggio zaino in spalla, in solitaria, in un posto nuovo. Quando arriviamo cerchiamo cose semplici da capire; passiamo solo col tempo da essere viaggiatori esploratori a guide esperte.
4. Ricorda sempre che quando comunichi stai parlando alla mente e al cuore delle persone. Anche sul lavoro.
Come si sta muovendo la tua azienda per semplificare la comunicazione interna ed esterna?
Raccontami la tua esperienza.
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Da tempo guido imprenditori/imprenditrici, manager e aziende ad esplorare la parte migliore di loro stess* per raggiungere i livelli di benessere personale e organizzativo che desiderano.
Nel frattempo, non vedo l’ora di leggere cosa ne pensi di questo articolo e la tua esperienza personale.