UN NUOVO APPROCCIO ALLO SPAZIO DEL LAVORO
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A coloro che vogliono fare la differenza.
A coloro che in luogo di lavoro prendono decisioni, accompagnano scelte. Ai datori di lavoro, ai manager, ai formatori, ai RSPP, ai RLS in quanto persone e figure strategiche per l’impresa.
Già da tempo lo spazio fisico e temporale del lavoro sta assumendo un ruolo molto importante influenzando la quotidianità di persone, lavoratori. Gli spazi del lavoro diventano degli incubatori di pensieri, risorse, potenzialità, ma anche di scontri, malumori e fattori personali.
Chi si occupa di gestire questi luoghi come dei semplici spazi “accessori” al resto della vita delle persone, è bene che inizi a guardare oltre, perché i luoghi di lavoro sono ormai parte integrante di quelle vite, e il lavoro stesso è uno dei più importanti pilastri nella storia di ogni individuo. Chi si vuole occupare di gestire gli spazi di lavoro assicurando il benessere dei lavoratori, ha bisogno di sviluppare un modo più attuale di contribuire alla loro creazione, che inevitabilmente dovrà riconoscere quello spazio come una combinazione di materiali fisici, persone ed eventi.
Serve innanzitutto la consapevolezza del fatto che un luogo di lavoro ha un senso solo a seconda delle procedure organizzative e del management aziendale che le figure ai vertici impostano. Progettare, decidere, insegnare, formare non sono solo delle semplici attività fatte da professionisti competenti, ma anche e soprattutto delle responsabilità.
Quando ci si rivolge alle persone che formiamo, dobbiamo sforzarci di capire come le nostre indicazioni potranno essere utili a creare o a migliorare, in un certo senso, alcune loro situazioni quotidiane. La professione di formatore o RSPP, ad esempio, permette di avere uno sguardo molto ampio sull’impresa siccome questo ruolo porta a collaborare con i Datori di Lavoro, a discutere con la Dirigenza, a parlare con i lavoratori. Permette anche di vedere e di guardare agli spazi del lavoro con un occhio privilegiato, attento e critico.
Lo sforzo dunque deve essere quello di andare oltre agli argomenti che la normativa ci impone e oltre agli obblighi di legge, e cogliere la responsabilità dei ruoli e i momenti di incontro e formazione come una preziosa opportunità per trasmettere concetti e possibili nuovi modi di approcciare e trattare certi temi.
Un tema che personalmente ritengo sia ancora trascurato riguarda lo “spazio” del lavoro. L’obiettivo cui puntare è quello di ripensare o meglio pensare in modo nuovo lo spazio del lavoro con un approccio diverso giacché diverse e nuove sono, sempre di più, sia le aspettative delle imprese che i bisogni dei lavoratori.
Occorre iniziare, anche e soprattutto nelle piccole imprese, a ridefinire lo spazio, introducendo nuovi modi di lavorare e considerando le nuove esigenze spaziali con il duplice fine di migliorare le performance aziendali e accrescere lo stato di benessere fisico, mentale e sociale dei lavoratori. Infatti non dobbiamo dimenticare che la “ricchezza” e il successo di un’azienda dipendono dalle performance e dagli atteggiamenti, anche umorali dei lavoratori. Progettare o ripensare un luogo di lavoro significa quindi rendere il suo spazio, fisico e organizzativo, più adatto alle necessità di chi ogni giorno lo vive. Le esigenze quindi devono tradursi in soluzioni spaziali e organizzative nuove che generino valore aggiunto per la totalità dell’impresa e del modo di “fare impresa”.
Ogni luogo di lavoro è l’espressione dei valori e dei pensieri, obiettivi dell’azienda. Per creare e trasmettere un’immagine positiva della stessa è necessario creare rapporti e relazioni sane al suo interno anche attraverso spazi efficaci, efficienti, di interazione, di relazione e di scambio; ambienti in cui trovare condizioni di lavoro favorevoli.
Come si fa lo “spazio”?
È necessario, in fase di progettazione e organizzazione, assumere un punto di vista integrato che unisca diverse tematiche contemporaneamente. In altre parole devo immaginare lo spazio del lavoro con “lenti” diverse: le “lenti” dell’architetto, la “lente” della sicurezza sul lavoro e gli “occhiali” del ricercatore (di marketing).
Gli occhi dell’Architetto sono occhi che immaginano qualcosa che ancora non esiste, che non c’è e hanno la sensibilità di cogliere in anticipo le emozioni e gli usi che un oggetto o uno spazio possono provocare in chi li guarda o in chi vive l’opera. Non a caso l’Architettura è la disciplina che ha come scopo l’organizzazione dello spazio in cui vive l’essere umano. È anche un’arte visiva fatta di valori non solo estetici, ma anche etici.
Purtroppo però, a volte, quest’ultimo passaggio viene ignorato e ci si ritrova a disegnare oggetti o spazi belli, ma meno funzionali e confortevoli. Spesso succede che chi progetta lo fa restando ancorato al presente e alle risposte immediate che il progetto può dare, senza pensare a ciò che quel prodotto potrebbe diventare in un possibile futuro. Non ci si chiede mai abbastanza e forse neanche in maniera corretta qual è l’obiettivo di ciò che andiamo a creare. Come accade nel progetto formativo ad esempio: si resta vincolati a ciò che si deve dire, ignorando completamente lo spazio “non normato”, quello che nasce dalle attività spontanee di chi gli spazi li vive quotidianamente.
È vero che questi temi poco si sposano, almeno apparentemente, alla realtà economica che stiamo vivendo, ma se pensiamo che l’obiettivo possa essere in parte quello di alleviare questo clima di tensione presente in molte aziende, forse sarebbe un modo per provare a far qualcosa. È proprio tale clima che dovrebbe spronare ad andare controcorrente e provare a risolvere tante piccole questioni in maniera alternativa e non usuale, dal “basso”, grazie all’unione dei saperi e delle competenze di tutti.
Il clima che viviamo è di instabilità, insicurezza e precarietà economica, sociale, mentale, dei sentimenti e delle sensazioni. Proprio per questo, in un’ottica di “rinascita”, le aziende dovrebbero impegnarsi ad agire diversamente fino a quanto finora fatto, attraverso la valorizzazione di risorse già in possesso, semplicemente ripensandole e orientandole verso obiettivi più attuali e nuove soluzioni.
Riadattare lo spazio quindi per renderlo più attento agli “ospiti” che lo vivono; adattare lo spazio perché in maniera non esplicita chi lo vive ce lo chiede. Adattare lo spazio e l’organizzazione del lavoro ai lavoratori è anche un modo per comunicargli che i loro desideri e necessità vengono considerate, anche se con fatica e sacrificio.
Le buone intenzioni per fare tutto questo spesso ci sono, ma vengono bloccate da temi quali costi e tempo. Questi buoni propositi devono andare oltre questi limiti e farsi forza su valori quali la partecipazione ed il bene comune, non perdendosi nella fase iniziale del percorso verso la “buona strada”.
Sfruttare le lenti dell’Architetto significa quindi mettere a disposizione la propria creatività per aprire un immaginario di soluzioni possibili che possono essere diverse per rispondere a esigenze altrettanto diversificate.
Poi ovviamente considero la “Sicurezza sul lavoro” con la sua normativa e i requisiti che impone. In un nuovo approccio al tema dei luoghi di lavoro come finora descritto, non posso limitarmi all’osservanza delle norme perché come spesso accade, la normativa non va mai di pari passo con i bisogni di coloro che lavoreranno in quei luoghi. Per questo è necessario andare oltre la sicurezza per concepire la stessa come una prima traccia sulla quale costruire tutto il resto del percorso.
L’occhio del ricercatore, invece, è l’occhio di un buon osservatore che vede lo spazio non solo composto di materiali fisici (muri, pareti, divisori, armadiature, ecc.), ma anche di persone che sono in contatto sia coi materiali, che tra di loro all’interno di uno spazio.
Marketing
Nel marketing, il ruolo del ricercatore, è quello di osservare come possibili acquirenti interagiscono con i prodotti in vendita, con lo scopo di indicare al cliente la miglior maniera per rendere appetibile, accattivante e quindi acquistabile quel prodotto. I risultati della ricerca portano poi al progetto dello scaffale, del negozio, piuttosto che del corner o dello stand espositivo.
Se provassimo a immaginare tale metodo applicato sui luoghi di lavoro noteremmo quanti elementi e dinamiche nei nostri spazi di lavoro vengono ignorate o non considerate abbastanza e quanto queste ogni giorno influenzano, nel bene o nel male, i nostri comportamenti e le nostre giornate. A volte ci sono anche certi aspetti cognitivi che vanno a confliggere con i progetti di spazi non partecipati e non osservanti delle dinamiche del luogo.
Se il marketing ha come scopo il profitto dell’azienda dato dalla vendita del prodotto, nei luoghi di lavoro tali tecniche di osservazione e analisi potrebbero essere intese e utilizzate con lo scopo di migliorare il benessere del lavoratore che di conseguenza migliorerà la quantità e la qualità delle performance aziendali.
Le attività da osservare e indagare in un luogo di lavoro possono essere molteplici. Dai percorsi che fanno le persone, alle aree più battute di un luogo o di un locale, dagli sguardi assunti da diverse prospettive e postazioni, dalla vicinanza o meno di determinati oggetti, alle conseguenze di determinate scelte e organizzazioni.
In buona sostanza, puntare al benessere del lavoratore significa quindi innanzitutto capire e individuare le sue necessità e anche difficoltà a volte, all’interno dell’ufficio, della fabbrica, dello stabilimento, della postazione in generale, ecc. Solo quando sarò consapevole della direzione da intraprendere potrò dare inizio al miglioramento del luogo di lavoro.
Ciò che ne emergerà sarà un luogo “consapevole” di essere uno spazio di lavoro normato da regole rivolte a tutelare lo stato di benessere fisico, mentale e sociale dei lavoratori al suo interno. Sarà un luogo “intelligente” e funzionale nella sua composizione logistica degli ambienti. Sarà uno spazio strategicamente stimolante di idee, produttività e innovazione.
L’obiettivo di questo nuovo modello progettuale integrato, visto attraverso tutte le tematiche che tratta, è quello di creare o rendere gli spazi del lavoro dei luoghi sani, confortevoli e stimolanti nei confronti dell’individualità del lavoratore, delle sue relazioni con gli altri e delle interazioni tra i lavoratori e gli spazi che percorre e utilizza.
Valore aggiunto di un tale modello è anche il suo tentativo, non del tutto implicito, di recuperare quel “crollo” sociale delle realtà lavorative. In sostanza cercando di rendere più appagante e ben voluta la presenza del lavoratore, rendendolo propositivo verso l’organizzazione che lo ospita.
Solo in questo senso un semplice spazio del lavoro si trasformerebbe in un vero e proprio luogo del “Buon lavoro”.