DISABILITA’ E LUOGHI DI LAVORO
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La Disabilità non è un’etichetta.
Classificare dei luoghi di lavoro come luoghi per, o adatti ai disabili, significherebbe ghettizzare tale popolazione di persone e lavoratori dedicando loro degli spazi appositi, ma escludendoli da altri, adatti invece ai “normali”.
Decreto Legislativo sulla Disabilità
Come il nostro Decreto Legislativo 81 del 2008 impone all’articolo 63 comma 2:
“i luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto [omissis] dei lavoratori disabili”.
Comma 3:
“l’obbligo vige in particolare per le porte, per le vie di circolazione, gli ascensori e le relative pulsantiere, le scale e gli accessi, le docce, i gabinetti ed i posti di lavoro utilizzati da lavoratori disabili”.
Tali aspetti, riferiti alla mobilità e semplicità di circolazione dei lavoratori disabili, rientrano nella valutazione dei rischi da eseguire in ogni luogo di lavoro.
Ma la disabilità a volte non è solo fisica, può essere di natura mentale psicologica o entrambe. Pertanto oltre alle strutture fisiche dei luoghi, sono da osservare anche i sistemi comportamentali tra tutte le persone, i metodi di comunicazione che non possono essere lasciati al caso, la destrezza nelle attività che vengono affidate. Quest’ultima non significa la capacità di riuscire a fare qualcosa o meno, bensì l’attitudine fisica e mentale nell’eseguirla.
Tutti aspetti, questi, che se analizzati con volontà e non ignorati, eviterebbero l’insorgere di handicap prodotti dalle disabilità.
Probabilmente questo ultimo passaggio merita una più profonda spiegazione.
Siamo soliti pensare al disabile come portatore di handicap senza mai soffermarci abbastanza sul vero significato dei due termini “disabilità” e “handicap”, che anche ai fini della progettazione dei luoghi di lavoro è necessario distinguere.
La DISABILITA’ indica lo svantaggio, il disagio personale che la persona disabile vive espresso in ciò che è in grado di fare o meno. A seconda della disabilità si possono riscontrare anche disagi comportamentali, comunicativi, di cura della persona ecc. .
L’HANDICAP indica lo svantaggio sociale vissuto da una persona con Disabilità.
La persona disabile, nell’incontro con l’ambiente fisico e sociale, può trovarsi in difficoltà nel muoversi in autonomia nello spazio, come nell’essere indipendente dal compiere attività. È in questi casi che si parla di handicap.
Una persona disabile ad esempio può sviluppare una disabilità a camminare, ma anche un grave handicap negli spostamenti autonomi se lo spazio che lo circonda prevede ostacoli. Stesso concetto se ad un disabile non autonomo non viene assegnata una figura di supporto/sostegno in grado di sostenerlo nelle difficoltà fisiche e relazionali.
Quindi possiamo dire che l’handicap non è una caratteristica intrinseca del disabile, bensì questo si riscontra solo nel caso in cui le condizioni esterne siano ad ostacolo alla sua disabilità.
Per cui, ciò che rende un luogo di lavoro sano e sicuro per queste persone è un luogo fatto di spazi fisici accessibili e fruibili e sistemi organizzativi e relazionali pensati e costruiti per sviluppare risorse ed eliminare gli handicap cioè i disagi della diversità.
Ma come si fa a creare luoghi di lavoro con queste caratteristiche e valori, senza incorrere in soluzioni banali semplicistiche, ma propositive di progettualità rispettose delle diversità?
È inevitabile dover pensare che le disabilità condizionano fortemente l’inserimento lavorativo in alcuni luoghi di lavoro caratterizzati da: layout complessi, richiesta di adattamento dell’uomo al lavoro, rapporti gerarchici rigidi, difficoltà di comunicazione e socializzazione.
Come progettare luoghi senza handicap per la disabilità?
“L’inserimento lavorativo delle persone disabili, pur non esaurendo tutti gli aspetti del progetto di vita, rappresenta comunque un momento fondamentale e conclusivo degli interventi educativo-formativi e riabilitativi attuati nell’infanzia e nell’adolescenza e [omissis] che richiedono un percorso coordinato e coerente”.
Dicembre 1999, Conferenza Nazionale sull’Handicap
Ne sono un ottimo esempio quelle realtà aziendali che col tempo, e non senza enormi sforzi, sono riuscite a mostrarsi come esempi di solidità imprenditoriale e sociale. Realtà spinte dal desiderio di integrare nel mondo del lavoro persone svantaggiate che, altrimenti, ne sarebbero restate escluse.
Parlo di aziende che credono nel valore del lavoro inteso come opportunità di crescita professionale e civile, come strumento di riscatto e integrazione sociale e nella possibilità di crescere, sperimentare e nella necessità di investire.
Realtà aziendali che, prima di ogni altra cosa, continuano a credere nelle persone.
È ovvio che per sostenere questi progetti, bisogna essere innanzitutto impresa, ma un’impresa moderna che considera l’efficienza aziendale e l’efficacia sociale come due elementi inscindibili.
Potrebbe sembrare una scommessa azzardata sulle persone e sulle idee, ma è semplicemente questione di scelte.
È innanzitutto questione di scelte: quella di assumere un approccio diverso; un approccio non in grado di includere disabili, ma un approccio in grado di non escludere nessuno.
Questo aiuterebbe molto l’inclusione delle più svariate forme di disabilità e diversità, senza far sentire nessuno escluso.
È questione di far partecipare le persone giuste al processo progettuale dei luoghi: dalle famiglie delle persone con disabilità, agli educatori e assistenti sociali, ai progettisti stessi, fino alle figure aziendali competenti ai fini della prevenzione dei rischi e quindi anche degli handicap (così come sopra definiti): sicuramente datori di lavoro, a seguire Responsabili del servizio di prevenzione protezione, Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, Medici competenti, e perché no, profili specialistici quali ergonomi, psicologi ecc. .
Progettazione Partecipata
La “progettazione partecipata” (tra i vari soggetti) permetterebbe un focus sulla questione diversità – disabilità con il contributo di diversi punti di vista capaci di trasmettere nel progetto le diverse conoscenze fondamentali ai fini della gestione della disabilità e sviluppo delle azioni di miglioramento, non a discapito della continuità della produzione aziendale e gestione di tutto il personale.
Come la materia di salute e sicurezza sul lavoro agisce in maniera preventiva, sulla stessa linea d’onda, lo scopo finale del progetto sarà proprio quello di prevenire ogni forma di handicap.
Come operare in pratica sullo spazio fisico?
La normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro (Decreto Legislativo 81/08 “ALLEGATO IV Requisiti dei luoghi di lavoro”), insieme ad alcuni standard architettonico – urbanistici, già ci delinea una serie di requisiti dello spazio fisico di lavoro. Se a questi requisiti affiancassimo il valore aggiunto della “Progettazione Universale” (una moderna metodologia progettuale) arriveremmo a disegnare l’intero clima aziendale, non solo lo spazio fisico, ma anche quello organizzativo – gestionale e percettivo del luogo di lavoro che sarà così condiviso da tutti e per tutti.
“Progettazione Universale”
Principi di base:
- Equità – uso equo: utilizzabile da chiunque.
- Flessibilità – uso flessibile: si adatta a diverse abilità.
- Semplicità – uso semplice ed intuitivo: l’uso è facile da capire.
- Percettibilità – il trasmettere le effettive informazioni sensoriali.
- Tolleranza all’errore – minimizzare i rischi o azioni non volute.
- Contenimento dello sforzo fisico – utilizzo con minima fatica.
- Misure e spazi sufficienti – rendere lo spazio idoneo per l’accesso e l’uso.
Alcuni esempi (fonte: Universal Design)
Pavimenti e piani di accesso lisci, ingressi senza gradini e/o scale
- Asperità delle superfici che richiedano uno sforzo minimo per la relativa percorribilità
- Superfici che siano stabili, solide e con antiscivolo
- Porte interne, corridoi e ripostigli più larghi e con almeno 60×60 cm di spazio di manovra
- Spazi funzionali per affrontare e utilizzare gli elementi e relativi componenti
- Maniglie a leva per l’apertura delle porte, piuttosto che pomelli lisci e scivolosi
- Singolo azionamento con il pugno chiuso della mano per leveraggi e chiusure di sicurezza per allarmi e antincendio
- Componenti che non richiedano la presa con le dita a pinza o torsione del polso
- Componenti che richiedano meno di 2,5 kg di forza per operare o essere azionati
- Interruttori della luce con grandi pulsanti piani, piuttosto che piccoli interruttori a levetta
- Pulsanti e altri comandi che possono essere riconosciuti al tatto
- Illuminazione più alta e adeguata, soprattutto per le lampade da tavolo e per la lettura
- Comunicazioni audio adeguate e associate ad informazioni visibili su display
- Maggiore visibilità di informazioni con associata ridondanza audio
- Maggiore contrasto visivo su pannelli e indicazioni
- L’uso di grafiche intuitive (ideogrammi) con associate descrizioni di testo
- Chiari metodi di indicazione visuali per limitare dipendenza da fonti audio
- Controllo agevole del volume e della velocità di riproduzione in sistemi audio/video
- Scelta della lingua in strumenti a sintesi vocale
- Rampe di accesso
- Sottotitoli
- Percorsi luminosi in ambienti bui o scarsamente illuminati
- Pagine Web che forniscono un testo alternativo per descrivere le immagini
- Istruzioni che forniscono informazioni sia a voce che video
- Etichette apposte sui pulsanti di controllo di attrezzature stampate con caratteri maggiorati
Secondo il Free-Barrier Concept, liberare così un luogo dalle barriere significa:
Riconoscere le caratteristiche che potrebbero costituire barriere per alcune persone
- Pensare globalmente su tutta la gamma di disabilità
- Rivedere tutto – dalla struttura al più piccolo dettaglio
- Ricerca di esperienza da parte degli utenti e imparare dagli errori
Progettare luoghi di lavoro rispettosi delle disabilità quindi, può essere una scelta e un’azione possibili, entro cui il rispetto della normativa in tema di salute e sicurezza sul lavoro, insieme ad una “progettazione universale” e “partecipata”, possono contribuire ad un percorso creativo di luoghi senza handicap.